lunedì 12 dicembre 2016

La ragazza del treno

La ragazza del treno
Titolo originaleThe Girl on the Train
AutorePaula Hawkins
1ª ed. originale2015
1ª ed. italiana2015
Generegiallo, thriller
Lingua originaleinglese
AmbientazioneLondra


Di solito sono molto scettica riguardo ai best seller, ho sempre questo pregiudizio per cui il loro successo sia immeritato e sostanzialmente dovuto a una botta di culo. Invece mi devo ricredere per questo romanzo, perché mi ha davvero tenuta incollata alle pagine - o forse dovrei dire agli auricolari ;) - come non succedeva da un po’.
Il romanzo è sostanzialmente un thriller/giallo, anche se non mancano le tragedie sentimentali della protagonista, ma sono solo di contorno. Paradossalmente però pur non costituendo il fulcro del romanzo, ne costituiscono la forza perché creano una forte immedesimazione nel personaggio rendendolo molto reale.
Mi spiego meglio.
Nel poliziesco classico l’investigatore è un tizio di cui non ci frega più di tanto, non è altro che uno strumento nelle mani dell’autore atto a dipanare la matassa. Anzi spesso lui arriva alla soluzione prima che noi ci abbiamo capito una beata mazza, mentre costui sa già tutto e non ce lo dice (penso ad esempio a Poirot, ma anche al più recente e nostrano Montalbano). Rachel no. Lei investiga con noi. Siamo con lei quando cerca di ricordare quello che cavolo è successo quella sera di cui ha solo ricordi confusi. Siamo proprio nella sua testa. Questa percezione è aiutata dalla tecnica usata dal Hawkins, molto efficace in questo contesto: prima persona, tempo presente. Siamo proprio “in diretta” nella sua testa. Scelta azzeccatissima.
Prima ho accennato al fatto che solitamente dell’investigatore non ci frega un tubo, ma di Rachel invece ci importa perché non solo siamo nella sua testa, ma sappiamo quello che sta passando. Se non ci fosse il mistero, potrebbe essere tranquillamente un romanzo di formazione: una donna con problemi di alcolismo, che a causa di questo si è rovinata la vita, ha distrutto la sua felicità e vive costantemente nel passato, nel ricordo di ciò che non ha più e, ormai isolata dalla realtà, vive per procura l’amore immaginario di un’altra coppia. Ci si appassiona ai suoi problemi di vita e relazionali prima ancora che al mistero, ci spiace per lei, per come si è ridotta, vogliamo che si riscatti, che riprenda in mano la sua vita, che smetta di bere.
E come in tutti i romanzi di formazione che si rispettino, accade un evento esterno che le fa capire che è il momento di crescere, di andare avanti; avviene un cambiamento e il protagonista alla fine della storia non è più lo stesso.
Ma in questo caso il movente esterno è un giallo, un mistero.
Un mix di generi potrei dire, davvero ben riuscito.
Per creare suspense/mistero la Hawkins usa il cliché della perdita di memoria. Un escamotage non molto originale, questo ve lo concedo, ma almeno ha un motivo per essere lì, non è la solita perdita della memoria dovuta a un trauma o che so io, diciamo che il suo essere smemorata fa quasi parte di lei, della sua personalità, perché dovuto al suo alcolismo. Non è un fatto ad minchiam piovuto dal cielo, che ha la stessa probabilità di accadere quanta ne abbiamo di morire colpiti da un asteroide, ma per lei è una condizione quasi “normale”: sono più le cose che si dimentica che quelle che si ricorda.

Proprio in questi giorni è uscita la trasposizione cinematografica, già prima che ne annunciassero l’uscita io avevo dei seri dubbi sul fatto che il film potesse “rendere” quanto il libro. Secondo me si ridurrà a qualcosa di banalotto, e chi non ha letto il libro non capirà come mai tanto entusiasmo a riguardo. Intendiamoci, non che il libro sia chissà quale capolavoro, ma togliendo la caratteristica primaria del libro, che è la narrazione in prima persona, la simbiosi con la testa della protagonista, temo si toglierà anche molto al pathos della storia stessa. Vedremo…